Quando si parla oggi di una corretta posizione mandibolare, essa va considerata in relazione con il resto dell’apparato posturale; la letteratura e un sempre crescente numero di studi clinici dell’ultimo ventennio, hanno messo in relazione la posizione mandibolare con il corretto equilibrio posturale di tutto il corpo: la mandibola e tutti i muscoli dell’apparato masticatorio svolgono, infatti, un ruolo fondamentale nel mantenere la posizione fisiologica del cranio. Eventuali distonie dei muscoli masticatori, causate da difetti occlusali, possono provocare disturbi posturali come cefalea, dolori al rachide e agli arti, proprio a causa del ruolo attivo di questi muscoli a livello dell’equilibrio posturale corporeo. Le alterazioni posturali indotte da un malfunzionamento del sistema cranio mandibolare nel caso dello sportivo possono determinare, in alcuni soggetti, un calo di rendimento nelle prestazioni atletiche e un aumento del numero degli infortuni, a volte inspiegabili in soggetti allenati. La buona riuscita del gesto atletico è la coordinazione di tutte le parti del corpo alla modificazione di una di esse in relazione all’ambiente, che si esplica attraverso complesse interazioni ormonali. L’ esecuzione di un movimento coordinato è un processo complesso e prevede la programmazione del movimento a livello centrale in base agli input di ritorno inviati ai vari recettori. Se un sistema risulta alterato anche in bilancio degli input convergenti sugli effettori viene modificato condizionandone il movimento, che non sarà la risultante di vari meccanismi di complesso. La corretta esecuzione di un gesto tecnico di un atleta professionista è la risultante di una serie di coordinazione muscolari acquisite durante l’ allenamento. Durante il movimento, vari recettori inviano informazioni al sistema nervoso centrale sul movimento e sulla necessità di modificazioni posturali.
La mancanza di stabilità occlusale potrebbe creare uno sbilanciamento tra muscoli agonisti e antagonisti, collegati tra loro in catene sinergiche.
In questa prospettiva l’applicazione di un bite consentirebbe ad alcuni atleti una maggiore stabilità occlusale e quindi di reclutare tutte le energie di cui possono disporre, esprimendole al meglio.
Ogni problema odontoiatrico (da gravi problemi ortodontici a un banale restauro per carie non correttamente effettuato) può portare attraverso una masticazione non fisiologica ad uno spostamento della mandibola dalla sua posizione corretta rispetto al mascellare superiore, si verifica cioè una “dislocazione mandibolare”. Se da un’accurata visita odontoiatrica viene diagnosticata dislocazione mandibolare, bisogna approfondire l’indagine con un test di kinesiologia applicata e con una pedana stabilometrica computerizzata per confermare l’eventuale diagnosi di patologia o di squilibrio posturale. La terapia di una malocclusione deve prendere in considerazione la risoluzione del problema che la ha causata, ad esempio inserimento di protesi dove manchino i denti, oppure l’estrazione di un ottavo cresciuto in disodontiasi.
Il bite, è da considerarsi sempre, o quasi, una terapia occlusale, temporanea o provvisoria, a volte diagnostica, che permette di modificare lo schema occlusale preesistente, in tempi molto brevi, senza intervenire in modo massivo sulla dentatura del paziente. Tutto ciò rende questa terapia estremamente adattabile alle esigenze dell’atleta vista la rapidità e la scarsa invasività della tecnica.
Per occlusione si intende la relazione di contatto tra i denti dipendentemente dal controllo neuromuscolare. L’occlusione viene definita come il momento di massima intercuspidazione possibile guidata dal sistema di controllo della posizione, la cui dominante informativa origina dai recettori del legamento paradontale. Il contatto deve essere sempre uniforme e simultaneo nei due lati, allo scopo di dare alla mandibola la massima stabilità usando il maggior numero possibile di contatti sia con mandibola ferma che durante i movimenti funzionali delle articolazioni temporo-mandibolari. Normalmente, in posizione di riposo, in denti non sono in contatto, ma le due arcate sono separate da uno spazio libero (free way space) In una situazione buon funzionamento dell’apparato stomatognatico (occlusione abituale fisiologica), quando le due arcate dentarie occludono (deglutizione, fase terminale della masticazione), lo fanno nella posizione più stabile, cioè quella caratterizzata dal massimo numero di contatti fra elementi antagonisti (posizione di massima intercuspidazione), con distribuzione uniforme dei carichi masticatori, nel rispetto delle strutture parodontali, muscoli masticatori in tono normale e articolazioni temporo-mandibolari asintomatiche. Questa situazione di equilibrio è dunque legata a diversi fattori tra loro correlati: · la forma delle arcate dentarie · le articolazioni temporo-mandibolari · i muscoli masticatori · il controllo neuromuscolare. Ogni variazione a carico di una di queste quattro componenti introduce un’alterazione nell’equilibrio che, quando supera le capacità di compenso del soggetto (molto variabili da persona a persona) sfocia in una situazione patologica. Nei rapporti occlusali tra gli elementi delle arcate dentarie vengono distinti quelli riferiti agli elementi anteriori rispetto a quelli degli elementi posteriori. Il rapporto occlusale tra gli elementi anteriori e definito dai parametri Overbite e Overjet . Per Over bite si intende l’entità di sovrapposizione verticale del margine incisivo degli elementi frontali superiori sugli incisivi inferiori Per Over Jet si intende la distanza in senso orizzontale tra il margine incisivo degli elementi frontali superiori sugli incisivi inferiori. I valori normali sono circa uguali a 2 mm per entrambe le misure ed il loro rapporto è determinante per l’entità della guida. Il rapporto occlusale tra gli elementi posteriori si diversifica nella diversa posizione delle cuspidi rispetto agli antagonisti. Le due principali posizioni delle cuspidi rispetto agli antagonisti sono: il rapporto cuspide-spazio interprossimale il rapporto cuspide-fossa rispetto a un piano orizzontale. Tutti i denti mostrano un certo grado di inclinazione che permette di individuare due linee ricurve a concavità superiore sul piano sagittale (curva di Spee) e frontale (curva di Wilson). Il piano occlusale è invece la superficie immaginaria tangente alle cuspidi di tutti i denti delle due arcate in occlusione; · gli elementi di ogni arcata sono armonicamente allineati con superfici di contatto corrette; · in senso mesio-distale il canino superiore occlude tra canino inferiore e primo premolare inferiore (prima classe canina), mentre il primo molare superiore è situato distalmente al corrispondente inferiore per uno spazio corrispondente a mezza cuspide (prima classe molare); · le cuspidi linguali dei denti superiori e le cuspidi vestibolari dei denti inferiori articolano con le superfici occlusali antagoniste in tre punti e sono dette cuspidi di stampo, mentre le cuspidi vestibolari dei denti superiori e le linguali dei denti inferiori non articolano con nessuna fossa antagonista e non hanno perciò funzione di supporto, ma guidano la mandibola nei movimenti di lateralità (cuspidi di taglio o di guida); durante il movimento di protrusione della mandibola lo scivolamento degli incisivi inferiori sulla superficie palatina dei superiori guida la disiclusione e “protegge” i denti posteriori costringendoli ad allontanarsi tra loro (guida incisiva), mentre nei movimenti di lateralità la disiclusione avviene sui canini (guida canina). Le cause che producono una malocclusione sono molto difficilmente classificabili; possiamo comunque considerare: · malocclusioni su base genetica (discrepanze intermascellari e/o dento-ossee) . malocclusioni secondarie ad abitudini viziate (p. es. morso aperto da suzione del dito) · malocclusioni secondarie a traumi (esiti di fratture dei mascellari, lussazione della mandibola) · malocclusioni da edentulismo non trattato (carie diffusa, parodontopatie) · malocclusioni da causa iatrogena (restauri conservativi e protesici incongrui, terapie ortodontiche o gnatologiche non corrette). Dal punto di vista fisiopatologico, pur potendo assistere a situazioni molto variabili, si può affermare che lo stabilirsi di un precontatto comporta la perdita della stabilità del contatto occlusale e la deviazione della posizione della mandibola. Il soggetto cercherà allora di adattarsi cercando, in parte in via riflessa e in parte in maniera cosciente, una nuova posizione stabile, che comporta però variazioni a carico della posizione dei condili e del tono muscolare. Se tali variazioni superano le capacità di adattamento delle suddette strutture si sviluppa una occlusione abituale patologica in cui si nota intercuspidazione in presenza di distonie muscolari e sintomi alle articolazioni temporo-mandibolari. Spesso si instaura un circolo vizioso per cui l’occlusione patologica non si mantiene invariata, ma si modifica col tempo. I danni possono verificarsi a carico dei tessuti duri del dente (abrasioni), del parodonto (riassorbimento osseo, mobilità dentaria, recessioni gengivali), dei muscoli (spasmi, dolore miofasciale) e dell’articolazione (dislocazione condilo-meniscale riducibile, dislocazione condilo-meniscale irriducibile, artrosi). In linea generale “l’anello debole” della catena cede, anche se più spesso danni articolari, muscolari, parodontali e dentari coesistono. postura La postura è l’atteggiamento che i vari segmenti corporei assumono nell’ambiente circostante attraverso la contrazione dei muscoli scheletrici; essa è integrata e coordinata da una serie di stimoli di varia natura che determinano un continuo aggiustamento di tipo neuromuscolare. E’ bene chiarire che esistono un numero infinito di posture: esse corrispondono a qualsiasi “posizione in equilibrio”, con il massimo equilibrio (stabilità), la massima economia (minimo consumo energetico), il massimo comfort (minimo stress sulle strutture anatomiche). La postura è il modo di stare in equilibrio del corpo umano sia che esso sia fermo sia in movimento. Tale equilibrio è il risultato dell’adattamento di varie strutture del corpo quali sistema nervoso centrale, colonna, arti e loro interconnessioni con il mondo esterno. La stazione eretta, che è caratteristica della specie umana, è una delle innumerevoli posture ed è caratterizzata dall’allineamento in senso verticale e dall’appoggio dei due piedi sul terreno. E’ una postura raramente utilizzata nella vita quotidiana, ma che tuttavia ci è utile come posizione di riferimento. Le parti scheletriche si appoggiano sui piedi e sono sostenute in equilibrio dalla tensione dei legamenti, dalle aponeurosi, dalle proprietà elastiche dei muscoli e da una minima contrazione attiva delle unità motorie, cioè le unità funzionali dei muscoli. I muscoli sono gli organi che mantengono l’equilibrio nella stazione eretta regolando la proiezione del centro di gravità entro la superficie di appoggio; mantengono la postura di una parte qualsiasi del corpo e promuovono gli spostamenti del corpo o di una sua parte, opponendosi agli effetti della gravità passive di queste posizioni. I muscoli, oltre all’equilibrio statico, provvedono a determinare i movimenti dell’apparato locomotore, anch’essi regolati in modo assai complesso dall’attività del sistema nervoso centrale. Nella stazione eretta simmetrica rilassata, le articolazioni delle anche, così come quelle delle ginocchia, assumono una posizione di piena estensione poiché devono sopportare il peso sovrastante. In equilibrio statico, nella stazione eretta su due piedi, la colonna vertebrale si distende verso l’alto dalla base del sacro, sul piano sagittale mediano, con tre curvature fisiologiche che decorrono al davanti e al di dietro della linea del baricentro. Questa linea muove in verticale dal dente dell’epistrofeo, attraverso il centro delle prime due vertebre toraciche, fino al promontorio lombosacrale; di qui la linea procede fino alla base d’appoggio della pianta dei piedi. Le tre curvature fisiologiche sono: le due lordosi: (quella cervicale e quella lombare che hanno convessità anteriore) e la curvatura cifotica dorsale (a convessità posteriore). Queste tre curvature equilibrano il rachide compensandosi a vicenda; l’eventuale variazione di una di esse, infatti, sollecita variazioni simultanee delle altre due, entro certi limiti, per mantenere l’equilibrio. Le tre curvature sono subordinate all’orientamento del piano d’appoggio della 5° vertebra lombare sul piano della base sacrale; tale piano descrive, con l’orizzonte, un angolo di circa 30° (angolo d’inclinazione del sacro o del bacino); questo angolo varia secondo l’inclinazione di tutta la pelvi che può oscillare in avanti o in dietro, ruotando su un asse trasversale teso fra le due teste femorali. L’assetto posturale della colonna, in seguito a mutamenti di orientamento del piano d’appoggio sacrale, varia soprattutto a livello delle curve di lordosi. Le tre curve, oltre che a mantenere l’equilibrio, hanno anche funzione di sostegno, infatti devono resistere alle pressioni longitudinali, date per esempio dalla gravità. La stabilizzazione delle curve fisiologiche e le reciproche dinamiche compensazioni, atte a mantenere l’equilibrio, sono garantite in gran parte dai legamenti longitudinali anteriore e posteriore, da quelli gialli e dagli capsulari, dagli interspinosi e sovraspinosi e inoltre, in sede cervicale, dal complesso dei legamenti occipitali. Questi legamenti controllano costantemente gli spostamenti gravitazionali sia con il bloccare elasticamente la traslazione reciproca delle unità funzionali della colonna, sia favorendo il loro ritorno elastico nella posizione di equilibrio. Alla postura partecipano anche, in modo determinante, le variazioni riflesse del tono dei muscoli intrinseci del rachide; qualsiasi evento meccanico passivo agisca sull’atteggiamento della colonna vertebrale e distenda i legamenti e gli stessi muscoli è capace di provocare, in via riflessa, aggiustamenti del tono muscolare atti a riequilibrare la colonna. Ciò si verifica di continuo nel mantenimento dell’atteggiamento posturale e nel movimento. Anche le superfici articolari delle diartrosi, possedendo orientamento ed inclinazione propria, permettono ad ogni tratto della colonna di avere uno spostamento di una vertebra sull’altra altamente specifico. Il rachide cervicale superiore, con il complesso occipitoatloassoideo, costituisce, per le caratteristiche delle sue vertebre (C1-C2-C3), per la mancanza dei dischi intervertebrali, per l’assenza delle articolazioni posteriori e dei fori di congiunzione e per la potenza del complesso legamentoso e muscolare, un blocco a sé stante specializzato per la statica e la dinamica del capo. A livello del rachide cervicale inferiore si svolgono estesi movimenti di flesso-estensione, di inclinazione laterale e rotazione che impegnano profondamente il segmento C4-C6. Il rachide dorsale è di per sé capace di movimenti di flesso-estensione, di inclinazione laterale e di rotazione. La sua mobilità viene parzialmente bloccata dalle connessioni costo-sternali; le deformazioni che la cassa toracica subisce nell’esecuzione dei movimenti del tronco sono facilmente visibili. A livello del rachide lombare l’ampiezza dei movimenti di flesso-estensione, di inclinazione laterale e di rotazione è notevolmente condizionata dall’età. In conclusione una buona postura è quello stato di equilibrio muscolare e scheletrico che protegge le strutture portanti del corpo da una lesione o una deformità progressiva malgrado la posizione (eretta, distesa, accovacciata, china) in cui queste strutture lavorano od oppongono resistenza. In queste condizioni i muscoli lavoreranno in modo più efficace. Quindi un buon equilibrio muscolare deve assicurare un buon allineamento evitando tensioni eccessive e contratture di articolazioni, legamenti e muscoli. Inoltre ogni massa o corpo è composta da una moltitudine di piccole particelle attratte verso la terra come descrive la forza di gravità. Questa attrazione a cui sono soggette le particelle del corpo produce un sistema di forze praticamente parallele e la risultante di queste forze che agiscono verticalmente verso il basso è il peso del corpo. E’ possibile localizzare un punto in cui si può applicare una singola forza che equivale, per intensità, al peso del corpo e che agisce verticalmente verso l’alto, in modo da conferire al corpo equilibrio in ogni posizione. Questo punto è detto centro di gravità o baricentro, che può essere descritto come il punto in cui si pensa sia concentrato tutto il peso del corpo.(Kendall) Il baricentro è il centro esatto della massa di un soggetto. Se la massa, come nel corpo umano, è distribuita in maniera asimmetrica rispetto al piano orizzontale, il baricentro sarà collocato proporzionalmente più vicino alla zona più grande e più pesante. Da alcuni principi della statica apprendiamo che esistono due tipi di equilibrio: · equilibrio statico · equilibrio dinamico L’equilibrio statico è la capacità di un oggetto o di un segmento corporeo o del corpo nel suo insieme di mantenere una posizione statica. L’equilibrio dinamico è la capacità di mantenere, durante le diverse azioni della vita, i segmenti corporei in una condizione di stabilità. Quindi il corpo sarà tanto più stabile quanto minore è l’altezza del centro di gravità rispetto all’altezza del soggetto e quanto più la linea di gravità si va porre all’interno del poligono di appoggio. La postura è registrata nei centri motori sotto forma di schema corporeo, ovvero la conoscenza che si ha del proprio corpo in situazione statica e dinamica, e una volta interiorizzato, si dipartono le regolazioni della postura corretta. Il sistema nervoso centrale regola il movimento attraverso schemi motori in cui le ossa, le articolazioni i muscoli rivestono il ruolo di esecutori meccanici nell’ambito di un tutto regolato dalle leggi della neurofisiologia. Quando l’individuo si muove interagisce con l’ambiente esterno, propone i suoi schemi motori ed effettua una continua modulazione di afferenze esterocettive e propriocettive porta alla formazione di nuovi schemi motori con caratteristiche funzionali. Lo sviluppo della motricità consiste nell’apprendimento di schemi motori sempre più selettivi e funzionali e ciò è possibile grazie alla grande quantità di informazioni tattili, cinestesiche, sensoriali che arrivano al sistema nervoso centrale durante l’esecuzione degli atti motori. La postura può considerarsi come la risultante di un gran numero di riflessi senso-motori integrati, ai diversi livelli del sistema nervoso centrale, con una regolazione automatica estremamente precisa. Il meccanismo che regola la postura riceve informazioni provenienti dall’ambiente esterno o interno attraverso sistemi sensoriali, come la retina, la cute e il labirinto e dagli organi tendinei del Golgi e dai fusi neuromuscolari. Questi stimoli sono trasmessi ai centri superiori, che comprendono il cervello, il cervelletto e il tronco encefalico, attraverso gli interneuroni e i motoneuroni a e g presenti nel midollo spinale. Le informazioni una volta giunte al sistema nervoso centrale sono elaborate e successivamente trasmesse a livello muscolare, dove avviene la contrazione dei muscoli determinando lo spostamento delle leve scheletriche e una conseguente stabilizzazione della postura. Il funzionamento alterato di uno solo di questi impulsi provoca un’alterazione della postura e il probabile insorgere di una patologia. IL SISTEMA POSTURALE FINE Il sistema posturale fine è un controllo molto dettagliato e preciso della postura attraverso l’ausilio della stabilometria. La stabilometria manifesta il potere di discriminazione dei recettori del sistema posturale e consente di regolare i fenomeni di stabilizzazione con incredibile precisione. La sensibilità dei recettori del sistema posturale non è la stessa per i movimenti fini e per i movimenti grossolani, siccome i recettori, sono molto più attivi per i primi, di conseguenza la loro curva di risposta alle stimolazioni comporta una differenza di percezione tra i due movimenti. Questa viene esaminata dalla stabilometria sia dal punto di vista sensoriale che motorio, utilizzando i recettori discriminanti delle informazioni sensoriali e delle informazioni motorie che mantengono la stabilità posturale. I recettori discriminanti delle informazioni sensoriali sono: Ø RECETTORE VESTIBOLARE I canali semi-circolari non intervengono nel controllo della postura; in quanto la loro soglia di percezione è troppo fine per essere controllata attraverso la stabilometria. Gli otoliti sono pertanto i soli recettori vestibolari che possono svolgere un ruolo nel controllo delle oscillazioni posturali e/o nel controllo dell’attività tonica posturale ortostatica. Ø RECETTORE PROPRIOCETTIVO Le oscillazioni posturali comportano dei leggeri stiramenti che provocano l’attivazione e la conseguente risposta dei fusi neuromuscolari. Pertanto l’informazione propriocettiva muscolare ricevuta dal sistema posturale fine è particolarmente precisa e discriminante. Ø RECETTORE VISIVO-OCULOMOTORE La soglia di rivelazione del movimento della vista per opera della retina paracentrale e periferica non interviene per differenziare la percezione del sistema posturale fine. L’importanza dello spostamento retinico dipende da due fattori:l’ampiezza delle oscillazioni di postura e la distanza della scena visiva; a distanza uguale lo spostamento retinico cresce con l’ampiezza delle oscillazioni; ad ampiezze uguali lo spostamento retinico decresce quando aumenta la distanza della scena visiva. FISIOPATOLOGIA DELLE DISFUNZIONI OCCLUSO-POSTURALI Le cause della dislocazione mandibolare possono essere molteplici, ma le più frequenti sono i precontatti, ossia quando nel momento del contatto occlusale una o più cuspidi o versanti di cuspidi toccano, prima delle altre, le superfici del dente antagonista. Comparso il precontatto, il sistema neuromuscolare, per evitarlo, programma nuovi schemi motori e trova una posizione occlusale nuova dislocando la mandibola. Il riflesso di evitamento genera quindi una nuova posizione mandibolare abituale patologica. Questo riflesso è indotto dal sistema neuromuscolare che, molto probabilmente, viene sollecitato dal sovraccarico impresso sul parodonto dal precontatto. Non essendo uno schema motorio di prima scelta, il riflesso motorio di evitamento, implica un maggior dispendio di energia e maggior sofferenza muscolare per mantenere la nuova postura patologica e non ergonomica . Inoltre il nuovo schema motorio di accomodamento della mandibola dislocata è modulato dalla sostanza reticolare, la quale gioca un ruolo molto importante negli stati ansiosi, nel ritmo del sonno-veglia e nelle genesi delle parafunzioni. Più precisamente la dislocazione mandibolare avviene attraverso questi passaggi: precontatto Ø allarme nocicettivo parodontale Ø riflesso di evitamento Ø nuova postura patologica Nella dislocazione mandibolare dovuta a precontatto, la deviazione si ha controlateralmente rispetto al precontatto stesso. I muscoli sternocleidomastoideo e trapezio sono i primi muscoli mediatori fra postura del sistema fra sistema stomatognatico ed il resto del corpo: sono coinvolti nel compensare gli squilibri generati da muscoli masticatori, soprattutto dagli pterigoidei laterali. Il disturbo funzionale di un settore determina scompensi ai settori confinanti, che si trasmettono fino all’estremo della catena posturale. La mandibola, costretta alla dislocazione per evitare i contatti occlusali inaccettabili, produce un faticoso accomodamento muscolare discendente lungo la catena posturale. Si generano automatici compensi per ripristinare l’indispensabile equilibrio del corpo ma tutto ciò comporta un dispendio energetico elevato e un affaticamento muscolare che influiscono molto sulla performance dello sportivo e ne prolungano il tempo di recupero. Quindi è necessario diminuire o ridurre al minimo nell’atleta il dispendio energetico dovuto alla compensazione degli squilibri muscolari presenti a qualsiasi livello della catena posturale. Se l’arcata dentaria mandibolare non combacia perfettamente con quella del mascellare, ma è più indietro, più avanti o spostata lateralmente anche di poco, stringendo i denti alcuni di questi muscoli sono costantemente tesi (in spasmo) ed altri sempre inerti (in ipotonia). Lo stesso avviene quando vi è mancanza dei denti monolaterale ; ciò infatti può avere gli stessi effetti sulla muscolatura masticatoria. Questo squilibrio tra le loro tensioni è un grave problema perché si tratta di muscoli forti e il contatto tra i denti antagonisti avviene di continuo, anche se inconsciamente. L’ipotonia e lo spasmo che si instaurano ai due lati opposti del cranio,scaricano su una serie di altri muscoli del collo e della schiena, che formando una catena muscolare interessano, cranio colonna vertebrale, bacino, tutto il corpo. Il corpo quindi, tentando di compensare lo squilibrio,si “storce”. A causa di questo scompenso, i muscoli agonisti ed antagonisti lavorano in disarmonia inviando messaggi d’allarme al cervello, che a sua volta mobilita altre strutture muscolari per render stabile la correzione, bruciando altre energie.Il corpo così squilibrato perde forza, ha minor resa. Lo squilibrio tra le tensioni muscolari e il continuo lavoro per compensare disperdono gran parte della forza muscolare quando gli si richieda la massima resa. Lo stretto collegamento di interdipendenza esistente tra le strutture cranio mandibolari, il rachide cervico-toracico-lombosacrale, il cingolo scapolare, il cingolo pelvico, le articolazioni dell’anca, delle ginocchia e dei piedi, ha ormai il consenso interdisciplinare. Tutte queste strutture costituiscono la cosiddetta catena posturale; questo collegamento fa si che lo squilibrio di un distretto raramente rimanga circoscritto, ma più spesso venga trasmesso a quelli confinanti e poi quindi a tutti gli anelli della catena. La catena posturale è di tipo verticale; lo squilibrio dell’anello più alto si potrà trasmettere agli altri solo in senso discendente, quello più basso solo in senso ascendente, quello intermedio in entrambe le direzioni (spesso con diversa entità). Una volta instaurata la patologia occlusale, non è semplice tornare alla situazione iniziale, proprio perché intervengono effetti complicanti a livello nervoso e muscolare per cui l’eliminazione della noxa patogena non è necessariamente seguita dalla scomparsa della sintomatologia. Qualora si instaurasse una disarmonia occlusale, come ad esempio un precontatto a livello dei molari in massima intercuspidazione oppure un’interferenza nei movimenti di protrusione o lateralità, la mandibola si troverebbe a lavorare come una leva di I genere che tenderebbe a scalzare l’articolazione, in quanto il precontatto diventa il fulcro, i muscoli la potenza e l’ATM la resistenza. Nel momento in cui la mandibola incontrasse un’interferenza, le possibilità di un adattamento si realizzerebbero con ogni probabilità con uno slittamento in protrusione; infatti, l’ ATM è anatomicamente predisposta per dislocarsi anteriormente, attraverso la contrazione del capo inferiore dello pterigoideo laterale. Tale muscolo presenterà dolorabilità alla palpazione proprio per lo stato di contrattura che presenta. capacità motoria Per effettuare qualsiasi attività motoria e sportiva occorrono dei presupposti funzionali costituiti dalle capacità motorie. Ogni atto motorio è l’espressione di una interazione fra individuo ed ambiente: la motricità si manifesta attraverso fattori anatomo-fisiologici, psichici, cognitivi e socioculturali. Il termine di capacità motoria ha un significato ben preciso: “capacità” indica l’attitudine che si è definita per maturazione e che costituisce una premessa per l’esecuzione di un movimento. “motoria” invece qualifica gli aspetti che influenzano il movimento, sia in termini quantitativi sia qualitativi. Le capacità motorie possono essere: CAPACITA’ CONDIZIONALI ovvero l’insieme dei fattori legate alle caratteristiche morfo-funzionali e all’efficienza dei processi bioenergetici e pertanto connessi alle condizioni organico muscolari. CAPACITA’ COORDINATIVE ovvero i processi di maturazione del sistema nervoso, che consentono di organizzare, controllare e regolare il movimento. Vi sono delle proprietà fisiche indispensabili per poter compiere un qualsiasi lavoro fisico. Possiamo così classificare: Propietà che rientrano nelle capacità condizionali Ø FORZA Ø RESISTENZA Ø RAPIDITA’ o VELOCITA’ Ø FLESSIBILITA’ Propietà che rientrano nelle capacità coordinative Ø CAPACITA’ DI APPRENDIMENTO MOTORIO Ø CAPACITA’ DI APPRENDIMENTO E TRASFORMAZIONE Ø CAPACITA’ DI CONTROLLO DEI MOVIMENTI. Queste proprietà, durante l’esecuzione del gesto atletico, si fondono tra loro e risulta difficile distinguerle. Nello sportivo possono essere distinte in generali e fondamentali : § PROPRIETA’ FISICHE GENERALI -flessibilità -capacità coordinative § PROPRIETA’ FISICHE FONDAMENTALI -forza massimale -forza veloce -resistenza alla forza Le proprietà fondamentali hanno priorità sulle generali. Analizziamo meglio queste proprietà: -FLESSIBILITA’ è la capacità di compiere movimenti utilizzando la massima escursione consentita alle articolazioni. Permette di apprendere facilmente le azioni motorie, di perfezionare ed assimilare in tempi brevi nuovi movimenti, di rendere razionale il dispendio energetico, di eseguire movimenti veloci e ritardare l’affaticamento. -CAPACITA’ COORDINATIVE permettono di saper dosare e adattare il comportamento del corpo nell’esecuzione di diversi compiti motori nell’ambiente circostante. -FORZA : è la proprietà del sistema neuromuscolare di esprimere delle tensioni e di provocare delle contrazioni che possono essere di tipo isometrico, concentrico, eccentrico. Nella contrazione isometrica non c’è allungamento del muscolo, con produzione di tensione; nellacontrazione concentrica il muscolo lavora in accorciamento; nella contrazione eccentrica il lavoro è in allungamento. -RESISTENZA ALLA FORZA VELOCE consente di affrontare un percorso di gara con determinazione e sicurezza; infatti permette cambi dinamici di peso, rapide inversioni e capacità di tenere il ritmo e recupero veloce di eventuali errori, che sono i presupposti per una buona performance. ITER DIAGNOSTICO Per la loro valutazione tutti gli atleti sono stati sottoposti ai seguenti accertamenti: Ø Anamnesi Ø Esame obiettivo Ø Parametri antropometrici Ø Visita posturale Ø Esame radiografico: ortopantomografia Anamnesi Abbiamo raccolto per ciascun atleta , un’anamnesi più accurata possibile, che considerasse tutti i problemi sia a carico dell’apparato stomatognatico sia quelli posturali e generali. Abbiamo tenuto conto di traumi pregressi ,ma non solo del distretto cefalico in quanto è noto ad esempio. come un colpo di frusta possa scatenare una patologia all’ATM. Nei casi in cui l’atleta abbia presentato dolore abbiamo tenuto conto della zona primaria di insorgenza, delle zone di diffusione, del momento della scomparsa e le cause scatenanti o modificanti. Abbiamo indagato su eventuale esistenza di bruxismo, serramento ed abitudine viziata (succhiamento delle guance, deglutizione atipica). Esame obiettivo Il primo passo della visita è stata l’ ispezione : posto l’atleta in posizione eretta , abbiamo cercato eventuali assimmetrie del viso e della postura del corpo, del collo o delle spalle.(in alcuni casi le simmetrie sono state così evidenti da guidarci a prima vista verso una diagnosi). Abbiamo effettuato un primo esame dei rapporti dentali per evidenziare eventuali malocclusioni (ad esempio 2°, 3° classe di Angle severe con deviazione della linea mediana in massima intercuspidazione). Un dato del genere ci conferma presenza di dislocazione mandibolare. Il viso apparirà deviato nel terzo inferiore verso lo stesso lato del dislocamento. Il seguente passo è stata la palpazione ; questa si effettua sui punti dell’emergenza dei nervi cranici dell’ATM e dei muscoli masticatori. I nervi che abbiamo esaminato sono i rami sovraorbitali ed infraorbitario del trigemino. La palpazione dei muscoli ha avuto un valore diagnostico importante per tal motivo abbiamo proceduto con la massima attenzione per non produrre falsi positivi. L’esame è stato sempre eseguito simmetricamente comparando i muscoli omologhi di destra con quelli di sinistra, prima a bocca aperta e poi a bocca chiusa; abbiamo verificato se esistevano differenze di dolorabilità fra muscoli omologhi a destra e a sinistra (questo dato ci avrebbe confermato la diagnosi di dislocazione mandibolare. Abbiamo poi eseguito l’ auscultazione dei rumori articolari ; tale esame ci ha indicato la funzionalità intrarticolare. Abbiamo considerato il tipo di rumore, l’intensità e il momento della comparsa di questo. Là dove abbiamo registrato uno schiocco netto e breve per lo più ha indicato un dislocamento con incoordinazione condilo-meniscale e con deviazione nel movimento di apertura. In genere il rumore si verifica all’inizio o alla fine del movimento. E’ una patologia meno grave quando lo schiocco è all’inizio dell’apertura ed è un rumore lieve; infatti sia il menisco che il legamento posteriore non sono gravemente lesionati. Se tale diagnosi è corretta facendo aprire il soggetto in massima apertura e facendolo chiudere in protrusiva il click scompare. Noi abbiamo utilizzato spesso l’interposizione di spessori con diverse altezze fra le arcate per capire se un aumento della dimensione verticale potesse ripristinare il condilo sul menisco. Un quadro leggermente più aggravato si manifesta con ripetuti click lungo tutto il movimento . In tal caso sia i tessuti articolari molli che quelli duri possono aver subito alterazioni morfologiche . I casi più gravi sono quelli con rumori di sabbia o sfregamento; infatti è una lesione degenerativa dei tessuti dell’articolazione e non scompaiono né in posizione protrusa né alzando la dimensione verticale. In presenza di rumori articolari simili abbiamo sempre effettuato indagini radiografiche con tecniche transcraniali atte a verificare alterazioni morfologiche. Il passaggio seguente è l’ analisi dei rapporti occlusali statici e cinetici . Abbiamo fatto un attento ed accurato esame occlusale , il quale incomincia dalla posizione di massima intercuspidazione e registrando valori di overjet , overbite a livello incisivo, presenza di malocclusioni (morso profondo, morso inverso,aperto ecc), il tipo di occlusione secondo le classi di Angle, la posizione della linea mediana inferiore rispetto a quella superiore. Abbiamo proceduto poi con il controllo dei contatti occlusali facendo eseguire movimenti di lateralità e protrusione e misurando anche l’entità delle escursioni in lateralità e in protrusiva. Parametri antropometrici Per verificare l’esistenza di variabili antropometriche significativamente diverse nelle quattro discipline si è provveduto a misurare il peso, l’altezza ed il Body Mass Index degli atleti. Il Body Mass Index è stato calcolato con la formula: peso (Kg) / altezza (m2). Verifica posturale Gli atleti da noi esaminati dopo la visita odontoiatrica sono stati sottoposti a quella posturale . esami posturali clinici somatostereoanalisi II paziente viene posto dietro il filo a piombo in piedi: Ø Analisi posteriore Ø Analisi frontale Ø Analisi laterale II paziente viene posto sdraiato supino: Ø Analisi laterale Ø Analisi anteriore meccanica posturale Ø Rotazione Ø Inclinazione Ø Flessione ed estensione test di funzione posturale Ø Test di Fukuda Ø Test di Romberg posturale nel soggetto normale TESTS KINESIOLOGICI CLINICI La kinesiologia applicata è un metodo efficace per discriminare fra i soggetti portatori di malocclusione e i soggetti normali. Occorre testare un muscolo per individuare la forza soggettiva, prima a bocca aperta e poi a bocca chiusa: nel caso in cui si tratti di un soggetto portante malocclusione si avrà una perdita istantanea del tono muscolare non appena serra i denti, mentre un soggetto in normocclusione non avrà variazioni del tono muscolare. Per individuare una patologia discendente abbiamo usato come indicatore il tensore della fascia lata (test del muscolo tensore della fascia lata ): abbiamo posto il paziente in posizione supina su di un lettino, l’arto inferiore è teso e sollevato con un angolo di circa 45° ed il piede ruotato all’interno. Abbiamo applicato una forza tendente ad avvicinare l’arto a quello controlaterale appoggiando il palmo della mano, senza stringere le dita, subito sopra la caviglia. Per diagnosticare una patologia ascendente abbiamo utilizzato il test del muscolo deltoide: abbiamo posto il paziente in piedi, con il braccio elevato con un angolo circa di 90° con il palmo della mano sollevato verso l’alto. PEDANA STABILOMETRICA E POSTUROMETRICA Durante la sperimentazione la pedana posture 2000 ha costituito uno strumento diagnostico fondamentale per intraprendere le terapie correttive posturali. La pedana ha permesso l’oggettivazione e la comparazione dei comportamenti posturali iniziali e post-terapici dei vari atleti. La pedana stabilometrica e posturometrica è composta da due emipedane d’appoggio separabili ed orientabili per adattarsi alla fisiologia dell’atleta. Essa rileva la distribuzione del peso del soggetto sui due piedi, in particolare in tre zone specifiche del piede (I metatarso, V metatarso e tallone) ciascuna delle quali corrisponde sulla pedana ad una singola cella. I sensori sono cellule di carico particolarmente sensibili alle variazioni di peso ed in grado di effettuare sino ad un massimo di 60 misurazioni al secondo per ogni cella, registrando ed elaborando i carichi e le oscillazioni. La vibrazione è uno degli elementi rivoluzionari della pedana, in quanto agisce come elemento amplificatore e non perturbatore: si tratta di una frequenza vibratoria di 20 Hertz che non consente alla piattaforma di oscillare, non pregiudicando così l’equilibrio dell’esaminato. Con pochi secondi di vibrazione (20-30) abbiamo simulato sulla pedana un test di movimento. Questo esame differisce dall’esame dell’appoggio del piede durante la camminata, ma simula invece ciò che può accadere ad un atleta dopo diversi minuti di attività e sotto sforzo. Uno sciatore ad esempio svolge l’attività sportiva scivolando e un esame dell’appoggio del piede in camminata sarebbe del tutto inappropriato. Posto lo sciatore sulla pedana con vibrazione, si evidenzia l’effetto negativo di una cicatrice sul legamento sottorotuleo, mentre tale disturbo può non comparire durante molti altri esami. L’atleta, al perdurare della vibrazione, tende a portare il peso lontano dal ginocchio operato e questo è estremamente dannoso per l’attività sportiva. Abbiamo articolato l’esame sulla pedana in tre fasi successive: Nella prima fase il paziente è stato posizionato sulla pedana, scalzo,cercando di fargli appoggiare i piedi nella posizione di maggiore libertà, ma occupando la stessa posizione sulla piastre (le quali sono dotate di ondeggiature gialle e pallini rossi per controllare la posizione simmetriaca dei piedi). L’atleta deve guardare avanti fissando un punto di riferimento per tenere impegnato lo sguardo. Guardando la finestra sul computer abbiamo registrato il comportamento dell’atleta in posizione eretta statica. La prima fase eseguita con paziente scalzo ed a occhi aperti, è clinicamente significativa quando: · il peso è sbilanciato del 5% o più a destra o a sinistra · il peso è poco sbilanciato, ma il bilanciere non è orizzontale · un piede ha disegnato oscillazioni più ampie rispetto all’altro. Nella seconda fase abbiamo effettuato lo stesso test ma con gli occhi chiusi. Se non vi è alcuna variazione significativa (cioè resta sbilanciato come nella prima fase) la causa dello sbilanciamento andrà ricercata nell’apparato locomotore (ricerca anamnestica di eventuali traumi), nell’apparato stomatognatico o in dismetrie degli arti. Se invece l’esame ad occhi chiusi peggiora, molto probabilmente la componente visiva è buona e di aiuto alla postura Se ad occhi chiusi le oscillazioni o lo sbilanciamento migliorano, le afferenze visive devono essere sospettate di comportare scompiglio nel sistema posturale. La terza fase rappresenta la continuazione delle altre due già esaminate. Vi siamo giunti già conoscendo l’occlusione patologica dell’atleta; per esempio abbiamo posizionato rulli di cotone nelle sedi in caso di beanze dentarie. L’esame viene svolto con il paziente scalzo, ad occhi aperti e con interposizione di cartoncini appositi. In tal modo abbiamo annullato tutte le afferenze orali e se l’esame risulta migliorato implica il coinvolgimento del cavo orale nella patologia posturale. Esame radiografico: ortopantomografia La radiografia panoramica è stata scelta come metodica di imaging diagnostico per la capacità di fornire visioni d’insieme delle arcate dentarie e dei mascellari. Queste radiografie ci hanno così permesso una valutazione rapida ed accurata dei fattori più frequentemente in causa nei disordini occlusali: la formula dentaria e l’articolazione temporo mandibolare. La metodica si è rivelata molto accurata per la diagnosi delle patologie più frequentemente in causa nella popolazione sportiva (carie, ottavi inclusi, trattamenti conservativi incongrui, esiti artrosi ecc.) ITER TERAPEUTICO In ambito sportivo la terapia di prima scelta per le dislocazioni mandibolari è l’utilizzo di placche di svincolo: infatti tale terapia ha molteplici vantaggi. Tipi di bite In odontoiatria le placche occlusali sono apparecchi funzionali che hanno lo scopo di correggere la dislocazione della mandibola posizionandola correttamente. L’uso della placca è quasi sempre una terapia provvisoria o temporanea, a volte diagnostica, perché modifica lo schema occlusale precedente senza irreversibilità e senza interventi massivi sulla dentatura. In seguito si interverrà con una terapia definitiva che potrà essere un molaggio selettivo nei casi di discrepanza lieve fra le arcate. Nei casi di maggior discrepanza o dove vi siano esigenze protesiche, come mancanze di denti, si ricorre ad un trattamento protesico (per addizione). A volte è necessario intervenire con un trattamento ortodontico chirurgico (spostamento). Le placche occlusali possono essere costruite in diversi materiali: Ø Resine Ø Metallo Ø Materiali plastici stampati Le resine, che sono il materiale più usato per la costruzione del bite, possono essere polimerizzabili a caldo o autopolimerizzabili. Possono essere utilizzati tutti i tipi di resina sia trasparente sia del colore dei denti naturali e vi si possono aggiungere sia ganci che dispositivi ortodontici. Le placche in metallo che hanno il vantaggio di una lunga durata, possono essere in lega preziosa o in leghe vili, tipo stelliti. I materiali plastici si sono rivelati i migliori per adattamento alle esigenze che si presentano nell’ambito sportivo. I motivi per cui si adotta una terapia odontoiatrica con bite per la correzione delle problematiche occlusali negli sportivi sono: Ø rapidità di intervento Ø possibilità di effettuare modifiche rapide Ø modifica occlusale reversibile Il bite usati per gli atleti sono diversi dalle placche usate in odontoiatria, perché debbono rispondere ad esigenze particolari visto l’uso per prestazioni ai limiti. Requisiti clinici per i bite per atleti: Ø minor ingombro possibile in bocca Ø facilità di inserimento e disinserimento Ø stress minimo sui denti Ø buona stabilità dimensionale Ø superfici di contatto ben levigate Ø contorni che rispettino le gengive e le mucose Ø bordi arrotondati per evitare disturbi alla lingua Ø permettere una buona fonazione Ø permettere una buona deglutizione La scelta del bite per l’atleta Non esiste alcuno sport in cui l’utilizzo del bite sia controindicato, ma esistono grandi differenze individuali e tra le varie discipline. Nella realizzazione delle placche occlusali sono da prediligere i materiali plastici che, grazie alle loro diverse caratteristiche fisiche, consentono una ampia scelta di consistenza ed un’ottima modulabilità. Materiali come l’ Erkolok, uno dei più usati nella realizzazione di bite ad utilizzo sportivo, consentono la realizzazione di placche a consistenza diversificata: la morbidezza interna assicura il comfort all’atleta e la rigidità occlusale garantisce la stabilità dimensionale. Proprio la consistenza del materiale di costruzione fa classificare i bite in: Ø morbidi Ø semirigidi Ø rigidi Anche se dalla nostra esperienza è parsa preponderante la compatibilità con il singolo atleta, ci pare opportuno dare delle semplici linee guida per la scelta del bite in relazione alla disciplina sportiva. In sport prevalentemente anaerobici in cui la prestazione ad alta intensità si svolge in tempi brevi sono preferibili bite rigidi ( Erkodur) che obbligano la mandibola in una posizione fissa anche in situazioni di grosso stress occlusale (corsa di velocità, sci alpino). Bite morbidi sono da preferire in sport a media intensità prolungati nel tempo, dove la presenza di un corpo estraneo rigido in bocca risulterebbe intollerabile e di impedimento alla respirazione e deglutizione. Alcune specialità sportive (motociclismo e automobilismo) consentono e favoriscono l’instaurarsi di parafunzioni, serramento e bruxismo; in queste sembrano più indicati bite semirigidi (Erkoflex) in grado di impedire e compensare queste problematiche occlusali senza essere di troppo ingombro e fastidio.
In alcune discipline sportive, ove sia necessario proteggere le arcate dentarie e dove è comune l’uso di paradenti, questi ultimi possono essere realizzati in qualità di placca funzionale aggiungendo la finalità occlusale alla normale protezione dai traumi. A seconda dello sport preso in considerazione, occorre tenere presente degli specifici accessori che l’atleta indossa durante gli allenamenti e in gara; basti pensare alle sollecitazioni che il casco di un motociclista o di un pilota automobilistico infierisce alla mandibola.
La nostra sperimentazione, prendendo in considerazione come campione venticinque giovani atleti, ha evidenziato come sia elevata e non trascurabile l’incidenza di patologie occlusali. Le patologie orali che abbiamo riscontrato con più frequenza sono i problemi di disodontiasi dei denti del giudizio, le problematiche ortodontiche e i processi cariosi. Non sempre abbiamo trovato una patologia odontoiatrica, ma in certe discipline , quali la velocità, l’attività sportiva favorisce in maniera significativa le parafunzioni, soprattutto il serramento. In questi casi il bite è un indispensabile ausilio per evitare che tali forze, che per sport come il motociclismo possono perdurare per ore, provochino gravi danni. Riguardo alle patologie posturali, gli atleti di alto livello sono soggetti, con incidenza maggiore della restante popolazione a causa dell’attivita fisica portata al suo massimo limite e alle patologie recate dagli infortuni (da contatto fisico, da caduta, vedi discesa libera, motociclismo, ecc.) tipici di ogni disciplina. In certi sport è consigliabile e molte volte indispensabile l’uso del bite di protezione per ridurre l’esito di traumi alle arcate dentarie. Attraverso un’attenta analisi posturale ed una valutazione posturometrica e stabilometrica, effettuata sia nella situazione abituale degli atleti sia dopo le necessarie correzioni orali, sono state dimostrate le strette correlazioni esistenti tra apparato stomatognatico e quello locomotore. Il nostro studio evidenzia come, ripristinando una corretta occlusione, migliori l’assetto posturale che dona allo sportivo un aumento dell’ equilibrio, della stabilità ed una centralizzazione del baricentro. Possiamo così confermare l’esistenza di un miglioramento dell’utilizzo della forza muscolare (da noi indagata solo in alcuni atleti), della resistenza e pertanto del rendimento atletico dovuto dal miglioramento dell’equilibrio e della stabilità. In sport come lo sci alpino, dove il mantenimento di una distribuzione centrale del carico ha importanza fondamentale,si è visto che, aumentando la dimensione verticale con bite, si favoriva nei casi di arretramento del baricentro un avanzamento del medesimo; la correzione degli arretramenti dovuti a patologie occlusali ha conferito un notevole miglioramento delle performances sportive. Il miglioramento dell’assetto posturale inoltre migliora il gesto atletico in quanto l’atleta riesce ad utilizzare a pieno e ad ottimizzare le sue capacità motorie. Quest’ultimo aspetto assume primaria importanza in sport di resistenza dove il raggiungimento del risultato sportivo non si basa sulla forza esplosiva ma sul mantenimento di uno sforzo di medio-alta intensità prolungato nel tempo. Una conseguenza non trascurabile del migliorato assetto posturale è il minor rischio dell’atleta di subire infortuni funzionali , come fratture da stress e strappi muscolari, questo aspetto preventivo riveste un ruolo importante che può permettere all’atleta di avere un migliore stato di benessere generale e di conseguenza meno stress psicologici.In molti sport è importante sottolineare come alcuni accessori possano condizionare l’ occlusione. Nel caso degli sport motoristici abbiamo dimostrato come l’utilizzo del casco, attraverso forti pressioni sui mascellari, condizioni evidenti spostamenti della mandibola e conseguenti variazioni posturali. Ci sembra importante evidenziare come l’utilizzo di una metodica semplice e non invasiva come il bite attraverso l’acquisizione di una maggior coordinazione possa condizionare una diminuzione del rischio di infortuni e di patologie da sovraccarico.
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